ANDARE PER SALTI



La voce di Annamaria Ferramosca - in una continua commistione tra classico e moderno – si colma di quel lirismo che risulta capace di disquisire in merito alla precarietà della condizione umana (al rapporto con la natura, ai misteri della scienza, a certi rilevanti temi sociali), di guardare al passato con gli occhi struggenti del ricordo, di condividere con il lettore l’incombere di un presente spesso uma-namente inquietante e di scorgere un futuro connotato di razionale speranza. Giuria del Premio Arcipelago Itaca- Silloge inedita 2016 (Renata Morresi, Manuel Cohen, Danilo Mandolini, Martina Daraio, Alessio Alessandrini, Mauro Barbetti), dalla motivazione del Premio.

Brani critici:

…” un “salto” di estrema libertà, per addentrarsi in una dimensione altra e densa, che è quella dell'ispirazione poetica illuminata di riflessioni che si spingono verso la considerazione pacata del senso ultimo della vita e dei suoi attori, umani, ma non solo. Un'aria quasi immateriale spira nelle cose, che appaiono contaminate dal senso del nulla, senza accenti drammatici o tragici, come se il rigore imposto alla forma poetica smussasse tutte le asperità, le angosce, stemperandole di contemplativo, di saggia constatazione.” Caterina Davinio, dalla Introduzione.

“Annamaria Ferramosca in questo suo Andare per salti ha scritto un sobrio, addolorato e gioioso inno alla vita, insieme ad un ascolto dell'effimero che siamo. Il fascino di questo libro è quello della poesia nei termini più ampi, quello di sapere cantare il nostro viaggio, le luci e le ombre, le danze e gli inciampi. Dando voce e canto al mistero che ci finisce e ci dà vita.” Ivano Mugnaini

“Un’opera estremamente coerente con il percorso dell’autrice romano-salentina, ma nella quale, nello stesso tempo, viene accentuata quella caratteristica “danza” della lingua e della scrittura di Annamaria Ferramosca, che dice la gioia di esistere e di scrivere, pur entro la piena consapevolezza degli orrori della storia e di contro all’emergere del pensiero della morte individuale. Pure in Andare per salti ritornano il Salento, la storia e la cultura dei suoi popoli , come nella danza, quel taràn di etimo messapico che significa “moto circolare”, a mettere in scena simbolicamente il mito del labirinto quale ricerca del sé. “ Antonio Devicienti

“Se la sfida è cercare, nell’andare per salti, un filo conduttore, ebbene la sfida è raccolta. La raccolta di Annamaria Ferramosca, Andare per salti (Arcipelago itaca edizioni 2017), delicatissima nella scrittura quanto visionaria nelle immagini, dà l’impressione a lettura conclusa di aver ruotato senza mai perdere l’orientamento attorno a un tema preciso. Un tema assieme sconsolato e amorevole, perché Annamaria Ferramosca non si limita a puntare il dito contro la stortura che il suo occhio sensibile denuncia, ma ne fornisce alcune ipotesi di medicina. La stortura è quella forma di cocciutaggine autodistruttiva che quello che l’autrice chiama homo insipiens si ostina a mettere in atto contro se stesso, consegnandosi a un isolamento mascherato da ipersocialità, e contro il pianeta, con forme attive come la guerra ma anche più passive quali una progressiva, stolida indifferenza, un’incapacità a essere parte armonica di un tutto naturale. Le medicine sono semplici, e per questo estremamente credibili. Sono la comunione, l’ascolto, il passaggio di testimone di una sapienza che a volte può anche risalire le generazioni, come accade con le poesie a Nicole, oltre che discenderle. E la poesia, di cui questo libro dà una magnifica definizione: «un chiamarsi tra loro – pianissimo – delle cose// e quella nostra stramba contentezza/ nell’ascoltare». Giovanna Amato

“Siamo dentro un universo lirico tra i più rari, uno spazio che si apre solo a pochi anche tra gli addetti ai lavori, perché alla parola viene in modo consapevole accordata la sua piena e oscura potenza. Ferramosca va allo stesso tempo per salti e per larghissimi voli, dispiegando di fronte ai nostri occhi intere ere geologiche, fatte di catene montuose ed elicoidali catene genetiche. Sullo sfondo lo spettro insistente della solitudine, ma si tratta non tanto di una solitudine individuale quanto collettiva, che si vorrebbe dileguare con movimenti di solidarietà e globale vicinanza." Eliza Macadan

“Davvero un bel libro, con varie diramazioni, con sguardi vertiginosi in cui ci si smarrisce e ci si ritrova. Notevoli anche la ricchezza linguistica e le variazioni di ritmo. Una raccolta densa e piena di inventiva.” Bruno Galluccio

“Questa poesia è testimonianza dello spirito, navigazione a vista tra luoghi di memoria e luoghi di incontro, un’immersione nella profondità dell’attenzione emozionale ma anche analisi di un’intelligenza proteiforme, libera di mostrarsi e di mostrare oscurità e luce, con voce propria, originale, paragonabile alle grandi voci della letteratura e della filosofia." Cristina Bove

“Una poesia che tutto abbraccia e tutto include; scrittura profonda capace di addentrarsi nei drammi e nei peccati di questa nostra umanità di “homo insipiens”, ma anche di portarci verso gli universi più leggeri del sogno, di soffermarsi in momenti introspettivi marcati dagli affetti, dalla bellezza e dalla nostalgia. Una prova letteraria pienamente riuscita, questa ultima raccolta di Annamaria Ferramosca, che la riconferma voce potente, lirica e originale, nel panorama della poesia italiana.” Daniela Raimondi

“ La condizione del poeta, il suo personale ‘percepire’, è stare ad occhi aperti tra sonno e veglia, affabulando, e cercare con le parole, in metamorfosi continua, una imperfetta trascrizione del mondo. Da questo stato di dormiveglia, di trance potente, nasce, per Ferramosca, un assillo di parole, gettate nella realtà come proiettili che tentano di sgretolare muri e afasie, cercando di fissare nuovi confini - parole consapevoli che falliranno e vinceranno insieme.” Marco Ercolani

La scrittura poetica di Annamaria Ferramosca, così limpida e intensa, si muove fra due poli estremi: la complessa (e per molti aspetti irredimibile) realtà odierna e lo slancio di un intimo nucleo di innocenza e gioia, che trova la sua ‘figura’ nella piccola e luminosa Nicole, a cui il libro è dedicato. L’autrice tenta di armonizzare l’una e l’altro attraverso la libertà del canto con i suoi “salti” dal materiale all’immateriale, dove perfino il pensiero del nulla non ha alcuna sostanza inquietante, ché, pur restando insoluti l’enigma e il mistero struggente di ogni cosa, tuttavia la poesia appare ancora capace di farsi tramite, comunicazione profonda tra l’io e l’altro. Franca Alaimo

“Non è frequente incontrare una poesia che proprio nel suo procedere si fa universale, senza trala¬sciare, tuttavia, di andare a fondo nell’esplorazione del particulare. I testi che compongono la raccolta argomentano, manifestano, dispiegano, innanzitutto, il titolo che – lo scopriamo percorrendola con il batticuore per il ritmo che trascina e per il coinvolgimento che afferra insieme coscienza e affetti – è sia scelta, intenzione, programma di chi scrive, sia invito a chi legge. Come non pensare, infatti, che il titolo suoni come una risposta, come non pensare a un’opera che con quella affermazione in¬trecci l’opera come poetico ‘contrasto’, tanto più che, si badi bene, ci troviamo dinanzi a un’autrice che trae linfa poetica anche dalla sua formazione scientifica.” Anna Maria Curci

“…davvero un testo bellissimo in un contesto iconico di grande impatto e pregio” . Lucetta Frisa

“In Andare per salti il nucleo cometario della poetica di Ferramosca è nella consapevolezza di ciò che ci precede, interazione tra ragione,conoscenza, senso non esornativo della natura, equivalenza ontologica tra uomo e cosmo e la scrittura che emerge quale entità organica tra le cose, capace di agire, interagire, cambiarci, cambiare.” Mariella De Santis

…C'è una sorta di energia tersa e sepolta nei versi, quasi una faglia carsica che scorre sotto il pietrisco dei depositi. Tutto sembra avere assorbito la muta deflagrazione di ferro e di ghiaccio dell'attuale realtà, eppure vibra ancora, e si sporge. Parlo del diaframma sottile dell'umano già invaso e assediato, ma che mentre sta franando nella cascata dei segnali indecifrabili ancora non si spegne. Luigi Trucillo

Andare per salti mi sembra un titolo pregnante di per sé; e lo è ancor più procedendo nella lettura dei testi della raccolta. Ti ritrovo (e mi ritrovo) nell’insofferenza per il quotidiano (e per il contemporaneo) che ci assilla e deprime. Chi persevera nella scrittura e conserva orizzonti, allora non può che procedere per salti, come entro due universi paralleli: quello che fa da supporto a chi ulula e starnazza, provocando un fastidiosissimo rumore di fondo; e l’altro, che invece ha sempre più bisogno di raccoglimento morale e di silenzio, nel disagio che il poeta vive sempre più come “abitante del caos”. L’andirivieni fra i due flussi vitali (il nastro che trasporta quanto vi è di più chiassoso e volgare; e l’altro, antagonista, che sostiene in equilibrio ciò che è sublime), forse non può avvenire che imprimendo energia alla propria immaginazione, fino a fuoriuscire in alto, con la gola (la parola poetica) , oltre l’angoscia e lo strazio che ci assedia. Luigi Manzi

Il titolo: ‘Andare per salti’ Mi sembra che tu riprenda la dimensione originaria dell’atto poetico a partire dalla sua origine arcaica, il poetare, il raccontare, il dire è un andare, esso si rifà al peregrinare degli aedi nella Grecia arcaica di corte in corte per raccontare storie di uomini, di guerre, di viaggi, in cambio di ospitalità per poi riprendere la marcia. Quindi l’andare rende in maniera archetipica l’unità originaria tra passo, voce, racconto e memoria che è alla base della nostra civiltà e del modo in cui si è autorappresentata.
È un andare che diventa anche un deviare, e la poesia è proprio questo deviare dal vedere ordinario, che sposta il punto di vista ordinario e volge lo sguardo in altra direzione, lungo magari un sentiero più nascosto e più impervio ma che, in quanto non già battuto, ci fa vedere le cose, quegli stessi sentieri ordinari della nostra vita quotidiana, in un’altra luce. Francesco Filia

Questo andare per salti non avviene in uno spazio breve, in un tempo che si brucia all’istante ma nell’arco di una riflessione ampia, disillusa: nello spazio geografico dell’umano, nell’estensione della nostra Storia personale e nella Storia di tutti. Spazio/casa in cui abita l’anima soggettiva, e spazio/mondo in cui l’anima collettiva ci richiama all’appartenenza.
Andare per salti non bypassa le domande, certo, e non le elude; non crea buchi, solchi incolmabili ma voli, piccoli voli nella cui luce le parole vagano, si perdono per strada, facendo approdare solo quelle necessarie, quelle che, forse, ci aiutano a capire dove stiamo andando, quale nuovo stridente vocabolario dobbiamo rifondare. Cosa saranno le città future, cosa dovranno dire i poeti. Sebastiano Aglieco

Premi:

Premio Arcipelago Itaca per silloge inedita, Osimo, 2016 - Nella rosa finale del Premio Elio Pagliarani 2016 - Finalista al Premio Guido Gozzano 2017 - Selezione Premio Civetta di Minerva 201 - Finalista Premio Internazionale Europa In Versi 2019.

Trailer Andare per Salti