Recensione di Donato Di Poce
I Trittici di Annamaria Ferramosca di Donato Di Poce
“Il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni.” A.Modigliani
Questa raccolta poetica TRITTICI, di Annamaria Ferramosca, è un’ennesima sorpresa e lezione di quella libertà poetica e letteraria a cui negli anni la poetessa ci ha abituati. La particolarità del libro è che si compone di quattro Trittici ognuno dedicato a 3 quadri di artisti molto amati: due, storici, come Amedeo Modigliani e Frida Kahlo e gli altri due, Cristina Bove e Antonio Laglia, contemporanei.
“Ut pictura poesis”: la poesia è come un quadro o come la pittura la poesia, Il celebre motto oraziano è comunemente usato per evidenziare che tra le due arti vi è una stretta relazione e contaminazione. Quella di confrontarsi e dialogare con l’Arte o dei quadri o con gli artisti, è ormai prassi consolidata, senza scomodare Orazio e Michelangelo, diciamo almeno dal ‘900 ad oggi: basti ricordare il rapporto di Rilke con Rodin, l’adorazione di Artaud per Van Gogh, e poi i tanti autori che hanno scritto versi dedicati a pittori come Giuseppe Ungaretti, Rafael Alberti, Emilio Villa, Libero De Libero, Raffaele Carrieri, Pier Paolo Pasolini, Yves Bonnefoy, e i contemporanei Mario Bianco, Piergianni Curti, Ugo Gomiero, Massimo Tosco, Antonella Anedda, Annamaria Farabbi, Fernanda Ferraresso, Anna Antolisei.
Annamaria Ferramosca è una delle più interessanti e consolidate voci poetiche (non solo femminili) italiane contemporanee, che ha fatto della visione cosmica ed esistenziale aperta alla solidarietà e bellezza del mondo la sua cifra stilistica. E’ una poetessa molto attiva e propositiva sia sul Web che nella vita quotidiana reale. Infatti collabora con testi e note critiche a varie riviste, anche in rete. Fa parte della redazione del portale Poesia2punto0.com, dove è ideatrice e curatrice della rubrica Poesia Condivisa. Numerosi testi in traduzione inglese sono apparsi sulle riviste cartacee Gradiva, Freeverse, World Literature Today, Salzburg Poetry Review, Italian Poetry Review, Fire.
Ha pubblicato numerose raccolte poetiche. Ricordiamo solo tra le ultime: La Poesia Anima Mundi con la silloge Canti della prossimità (puntoacapo 2011, con nota critica di Gianmario Lucini), Ciclica, Edizioni La Vita Felice, collana Le Voci Italiane, 2014, introduzione in seconda di copertina di Manuel Cohen.
Numerosi sono critici e poeti che si sono interessati al suo lavoro, su tutti voglio ricordare l’amico Gianmario Lucini che con Lei aveva un feeling speciale. Ecco cosa scriveva a proposito di “Curve di livello”: «Appassionata negli accenti è questa “salina” raccolta di F. Il mare infatti, con il suo portato mitico, il fascino degli spazi aperti, il richiamo alla riflessione e alla contemplazione segna decisamente la prima parte del libro e gli conferisce un afflato lirico-discorsivo, un ambito di raccoglimento e di silenzio interiore popolato dai miti della grande civiltà mediterranea, dai suoi colori, suoni, odori che scorrono quasi in un poema-fiume per le prime 40 pagine.
Poi l’Io si muove, di orienta, sussulta, si dis-orienta fra il fragore delle cronache, l’irrealtà del reale intasato da odio, violenza, distruzione, frenesia di potere. Infine ritorna come un’onda a depotenziarsi sulla spiaggia del proprio privato-specchio-del-mondo, dell’oggidiano che vuole redimersi dall’insignificanza cercando un senso nel rito del vivere per mezzo della poesia, con tenacia, con metodo, perché altra via di “salvezza” non è possibile. Il vagare e il tornare, l’immobilità e lo scatto, il movimento dell’Io da un “dentro” a un “fuori” e viceversa, costituiscono pertanto un’odissea, una felice dissipazione che si ubriaca di spazi chiari e squillanti dove l’Io cerca e trova le sue corrispondenze, ma anche di ombre fresche e di riposo, dove la materia dell’esistenza viene indagata con l’occhio di una sensibilità attenta. » (2006).
Ma veniamo alla raccolta. Il libro inizia con Amedeo Modigliani.
Stiamo parlando del ritratto di Elvire Resting at a Table, di cui si conoscono due versioni una con colletto bianco e mani conserte, e questa senza colletto bianco e mani aperte anzi una sul volto a mio avviso più drammatica dell’altra. Apprensione e disagio esistenziale che Annamaria coglie in pieno quando scrive:
“in magnetico ascolto del mio colore”
dopo questo incipit folgorante e rivelatore di un’intera poetica di Modigliani scrive questi versi:
“mi piega una stanchezza del mondo
senza fine né origine
e ipnotico tu mi persuadi
che l’uomo è un mondo e a volte
vale interi mondi”.
Sono versi in cui l’introspezione individuale diventa interrogazione cosmica, un viaggio nell’anima delle persone.
Del resto Modigliani disse: “Quando conoscero’ la tua anima…dipingero’ i tuoi occhi.” E’ questo spirito che l’autrice coglie in pieno quando scrive del Portrait de Jeanne Hébuterne (1919 – collezione privata, Parigi) in questi termini:
“…mi dispongo sazia montagna azzurra
mi lascio perlustrare
boschi sui fianchi con
chiazze di sangue…”
Un testo lirico e visionario insieme in cui ci travolge la bellissima immagine di una sazia montagna azzurra, che non respinge, anzi accoglie e invita al viaggio senza limiti…
E l’azzurro, e l’incanto dell’infanzia, sono protagonisti nel terzo testo poetico dedicato a Amedeo Modigliani e alla sua Bambina in abito azzurro (1918 – Olio su tela, 116 x 73 cm, Pinacothèque de Paris).
In questi versi la poetessa si identifica totalmente nella bambina:
“maman mi sveglia
mi stringe i capelli col nastrino rosso
mi fa indossare l’abito azzurro-calmo
oggi andiamo da Amedeo
ma tu vedi come dentro scalpito
come resisto e stringo le labbra
(lupi dal futuro già s’avventano).
In questo ritratto Modigliani forse dipinge gli occhi più belli e chiari dell’Arte del ‘900 e la poetessa più avanti dirà:
“non so se intera e vera
sto trasmigrando sulla tela
sento gli occhi staccarsi dal loro cielo”.
Sono versi in cui per un commentatore non resta che zittirsi e lasciar parlare i versi dell’autrice, ogni parola sarebbe di troppo, ogni rigo inchiostrato un silenzio sporcato.
Arriviamo ai tre trittici dedicati a Frida Kahlo: Autoritratto con scimmie (1943 – Olio su tela. The Jacques and Natasha Gelman Collection of 20th Century Mexican Art and The Vergel Foundation); Ritratto come Tehuana (o Diego nel mio pensiero) (1943 – Autoritratto come Tehuana, (o Diego nei miei pensieri), olio su masonite, The Jacques and Natasha Gelman Collection of 20th Century Mexican Art and the Vergel Fundacion, Curnavaca); L’amoroso abbraccio dell’universo, la terra, Diego, io e il signor Xolotl (1949 – The Jacques and Natasha Gelman Collection of 20th Century Mexican Art and The Vergel Foundation, Cuernavaca © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, Mexico).
Sembra la parte più intensa e struggente del libro, il cuore di un abisso, come del resto tutta la vita e la pittura di Frida. Leggiamo e subito veniamo catturati da un vortice di versi sfolgoranti:
“…non si replica un visoabisso
labbra serrate sul non detto
nell’umore di foresta nel…”
oppure versi che riecheggiano l’amore per Diego…
“…mi faccio stella
di quelle che in amore sfrecciano
come fiorendo esplodono…”
per finire con un abbraccio cosmico :
“infine la quiete nell’abbraccio
la tantoamata cosmica dea
che tuttotutti ama”.
Il Trittico dedicato a Cristina Bove inizia con Il volo, computer art: una canzone Leopardiana, un altro abbraccio fraterno al mondo in cui vorrebbe planare senza essere abbattuta o invisibilmente ignorata:
“vorrebbe planare sul mondo
a occhi chiusi lasciarsi fondere
nella consistenza mutevole dei boschi
verdi vitali corpi le parole
in canto segreto a sostenerla”
e prosegue con aggancio, forse la più moderna e surreale delle immagini evocate con la tecnica della computer art in cui campeggia, nella sua micro presenza nel paesaggio, un’esile figura femminile che come scrive la poetessa:
” in cammino sul pianeta sfigurato /- quiete dopo l’apocalisse –
Il terzo soggetto il cancello, sempre computer art, come svela l’autrice nel sottotitolo è un
“rituale di svelamento”. Su ciò che resta della previta sognata e agognata dall’autrice, quella vita embrionale dove tutte le possibilità sono ancora possibili e sognabili.
L’ultimo trittico della raccolta è dedicato a Antonio Laglia, con tre soggetti : Il camerino di Lindsay Kemp – Olio su tela, 200×145, 2014; Claudia, risveglio – Pastello su carta, 44×32,1981; Il caffè – Olio su tavola,130×130, 1995.
Sono tre opere figurative realizzate con tecnica ad olio e pastello, dove i soggetti sembrano dominati dal senso di attesa, solitudine e speranza, che Annamaria Ferramosca coglie in una danza di interrogazioni, di sfolgoranti domande irrisolte o “irrisposte” come scrive l’autrice, o in un risveglio attonito e sonnambolico che grida la paura del foglio bianco di una bambina orfana d’amore, oppure di una madre che prende il caffè e l’autrice con lei dice e ci lascia un tremore nel cuore, una placida accoglienza, che ci placa:
“… mi sento come lei terra ospitale
in questa luce azzurra sconfinata
che mi attraversa e placa”.
Donato Di Poce Milano. 08.02. 2016